Una giornata particolare. Le Quinte in visita al Carcere di Vicenza
Il giorno 18 marzo le Quinte L, P e T di Bassano hanno avuto l'opportunità di visitare la casa circondariale San Pio X di Vicenza, un'esperienza che si è rivelata particolarmente significativa e toccante. Questa visita ha permesso a studenti e docenti di scoprire un mondo nascosto, di cui raramente si parla.
La giornata è iniziata con i controlli di sicurezza, tra cui il passaggio attraverso il metal detector e la consegna dei documenti d'identità, che hanno subito reso evidente la serietà e lo spessore dell'esperienza.
Accolti dal rappresentante dell'associazione CSI, che ha reso possibile questa visita, gli studenti hanno potuto ascoltare la testimonianza di un agente della polizia penitenziaria, in servizio da trent'anni, che ha illustrato la complessità del ruolo rivestito e le difficili condizioni di vita dei detenuti. Il suo racconto ha messo in luce il senso di responsabilità, il lavoro nascosto di un secondino e il peso emotivo di un mestiere in un ambiente dove scarsa speranza e pericolo convivono costantemente, e dove anche un semplice gesto come aprire una porta richiede permessi, perché lì la libertà è un concetto quasi inesistente.
Successivamente, il cappellano del San Pio X ha parlato delle sfide legate alla vita in carcere, ma anche del pentimento e dell'importanza di astenersi dal giudicare chi ha commesso un crimine, offrendo supporto e guida spirituale. I concetti di bene e male hanno offerto spunti di riflessione profonda su quanto essi possano assumere sfumature diverse in base a provenienza, cultura, origini e vissuto del detenuto.
A seguire, il responsabile della rieducazione dei detenuti ha coinvolto gli studenti con una testimonianza intensa sulle sfide del recupero e della reintegrazione, rendendo chiaro il concetto che la funzione del carcere non è solo punitiva, ma soprattutto rieducativa.
Motivare e redimere, offrire una speranza ai detenuti, rendendoli consapevoli delle proprie azioni e restituendo loro dignità umana, accompagnarli in un percorso di immaginazione e costruzione di un domani diverso: questo l’obiettivo della detenzione rieducativa.
L'incontro con il medico dell'infermeria ha poi aperto un'importante riflessione sul malessere dei detenuti dal punto di vista fisico e mentale, ma il momento più toccante è stato senza dubbio l'intervento di un detenuto che ha raccontato la sua storia di vita.
Con sincerità, ha condiviso il dolore causato da scelte sbagliate, dipendenze e continue detenzioni, fino a perdere tutto: familiari, amici e persino il conforto di una telefonata, perché dall’altra parte nessuno gli avrebbe risposto. Il suo messaggio, forte e diretto, è risuonato come un monito per i ragazzi: ha esortato a dire NO, a essere coraggiosi e a pensare in modo critico, evitando di seguire la massa. Ha voluto sottolineare che anche una scelta apparentemente banale può portare a conseguenze devastanti. Il suo discorso ha reso tangibile il prezzo della libertà. Dopo anni di carcere, ha raccontato di aver compreso che la vera libertà non è poter fare ciò che si vuole, ma vivere liberi da dipendenze, guadagnando con sacrificio e onestà la possibilità di costruire un futuro migliore.
La visita è poi proseguita entrando in una cella vera, uno spazio di circa 16 metri quadrati, inizialmente progettato per ospitare una persona ma che ad oggi ne ospita fino a tre.
Il forte impatto visivo di quello spazio angusto, caratterizzato da pareti grigie, da assenza quasi totale di ciò che riteniamo normale in una camera da letto, e da segni di sofferenza sulle pareti e di violenza e rabbia incontrollata sulla porta blindata, ha suscitato un forte senso di smarrimento e sgomento di fronte alla cruda realtà di quei luoghi.
Stretti corridoi, grate e cancelli hanno reso reale il senso di oppressione.
Nella stanza in cui i nuovi detenuti vengono accolti, un agente ha descritto l'intero iter che ogni persona affronta entrando nella struttura. Ha spiegato, con grande senso di umanità, come ogni detenuto, indipendentemente dal crimine commesso, abbia diritto a essere trattato con dignità e rispetto.
Dopo un pranzo consumato in un silenzio quasi irreale, carico di emozioni e riflessioni, gli studenti sono stati accolti da un agente della scorta dei detenuti e dei magistrati. I ragazzi hanno potuto vedere da vicino i mezzi blindati utilizzati per il trasporto dei carcerati e hanno provato cosa significhi l’immobilità forzata e l’impotenza imposta dalle manette ai polsi.
Le difficoltà legate alla gestione di detenuti sottoposti all’art. 41 bis hanno offerto lo spunto per riflettere anche sul ruolo essenziale di coloro che rischiano la vita per garantire l’incolumità propria e altrui.
L'ultima tappa della visita è stato l’incontro con la presidente dell’Associazione Jonathan che si occupa di accompagnare i detenuti nel loro percorso finale di riabilitazione e reinserimento. Le sue parole hanno messo in risalto il valore legato al mantenimento della fiducia nell’essere umano, anche di fronte agli errori più gravi.
L’incontro con la direttrice ha mostrato agli studenti che il cambiamento è possibile quando c’è chi crede nelle persone e si impegna per offrire loro strumenti concreti per riscattarsi.
La visita in carcere ha rivelato come la giustizia, la rieducazione e l’educazione civica siano legate da fili invisibili ma solidi. È un legame che accomuna lavori apparentemente distanti, come quello degli insegnanti e quello degli operatori penitenziari. Entrambi condividono una missione: trasmettere valori, costruire pensiero critico e guidare le persone verso una strada migliore. I professori, con il supporto delle famiglie, educano i giovani alla cittadinanza attiva, mentre chi lavora nelle carceri lotta quotidianamente per rieducare e offrire una possibilità di riscatto a chi si ha sbagliato.
La giornata è stata un’esplorazione della vita in carcere emozionante e rivelatrice, un modo diverso per insegnare a guardare il mondo da nuove prospettive, per comprendere l'importanza della dignità, del rispetto e delle seconde possibilità.
Giustizia, umanità e responsabilità sociale, la costruzione di una società più giusta, solidale e ricca di speranza: ecco la lezione di un’esperienza che sicuramente resterà nel cuore di chi l’ha vissuta.